Gli altri sono io

Vorrei abitare in una zona più bella

Vorrei lavorare in un ambiente più stimolante

Vorrei amici che sappiano ascoltarmi

Vorrei che mia madre/padre/moglie/marito/compagn@/amic@ cucinassero in modo più sano
Oppure che mi dicano… / mi facciano…. / mi diano…. / mi rispettino… / mi accettino…

Lo sto vedendo ogni giorno di più: mi è stato sempre facile guardare fuori, cercare intorno.
Gli ultimi 10 anni sono stati una progressiva riconquista di autonomia, passo dopo passo. Un tempo ero tanto accudito. Poi un po’ alla volta ho iniziato a cucinare, lavare i vestiti, pulire la casa, decidere cosa indossare senza chiedere pareri.
Ora ho raggiunto un grado di autonomia che rispetto al maschio italiano medio mi posiziona come un “uomo da sposare”.
Però sapere di essere meglio della media è un orgoglio che dura poco. Ognuno ha la propria strada, e io ne ho ancora tanta da fare.
Parlando di me, noto che per soddisfare i miei bisogni più profondi continuo a cercare fuori, qualcuno che sia disposto ad amarmi, a valorizzare le mie competenze lavorative, riconoscere i miei talenti.
Cerco qualcuno che mi dia la possibilità di… progredire.
Un accompagnatore che mi apra le porte, che mi tenga la mano, mi confermi che sto andando nella direzione giusta.
Lo dico con un senso di mancanza, mi sento perso.

Non sono il tipo che si lamenta apertamente di questa mancanza, che rimprovera questo o quello perché dovrebbero fare qualcosa per me.
Sono troppo orgoglioso per farlo, ma sotto sotto la PRETESA c’è.
“Non mi vedi?”
“Non vedi quanto sono bravo?”
“Perché nessuno mi dà l’occasione di fare quello che amo?”
“Perché l’universo non mi manda la situazione giusta?”

E’ una pretesa sottile, che non dà nell’occhio.
Salva le apparenze di una persona sicura, equilibrata, posso sembrarlo.
Eppure a certi livelli sono insoddisfatto del presente, in attesa che il futuro bussi alla mia porta.
Questa celata insoddisfazione è sottile, ma in qualche modo arriva a chi mi sta più vicino.

Non te lo dico, aspetto che tu lo capisca da solo.

Ok non è bello urlare al mondo e agli amici che dovrebbero fare qualcosa per rendermi felice!
Ma è tanto tanto diverso fare buon viso a cattivo gioco, covando l’aspettativa che qualcuno faccia ciò che desidero?

Non è tanto diverso. Lo è un po’, ma alla radice siamo lì.
Ora lo vedo, aspettare qualcosa dagli altri mi mette in una condizione di pungente pretesa di attenzioni.
Mi fa sentire inoltre in balia dei loro umori e decisioni, fino ad accumulare un certo risentimento.
Sottile, leggero, eppure comunque velenoso.
Giorno dopo giorno mi sono avvelenato, questo risentimento mi allontana da chi (nell’aspettativa) mi dovrebbe aiutare, alzo muri e scavo fossati.
E tutto perché aspetto la salvezza per mano di qualcuno.

Gli altri non possono darmi quello che cerco.
Gli altri non esistono.

“Gli altri non esistono” è un affermazione forte.
Magari esistono, o forse no.
Sono solo proiezioni della mente, o sono carne e ossa come me?
Non è importante la realtà oggettiva. Per la mia crescita conta la realtà soggettiva, quello che è vero per me.

Gli altri per me sono manifestazioni senza una volontà indipendente, sono risposte ai segnali che emetto. Tutto quello che fanno è la conseguenza di cosa faccio io.
Accettando questo cambio immediatamente atteggiamento e mi permetto il RITORNO A ME STESSO.

Tornare a me è un passo, enorme, potente.
Non sono loro che possono aiutarmi.
Loro sono idee nella mia mente.
Sono i ricordi di quando ero bambino, personaggi della mia storia.
Cambiano i nomi, le facce, mentre la storia è uno schema che si ripete. Il cattivo, il buono, la vittima, il colpevole, il giusto, il fortunato, il traditore, l’amico, il servo, la regina, l’avaro, il coraggioso, ecc.
Mi sono affezionato a questi personaggi da pensare che abbiano un’esistenza indipendente da me: che il cattivo sia proprio cattivo. Così mi trovo a pretendere che quello là, il colpevole, chieda scusa. O che questo, il servo, si ribelli, che l’avaro diventi generoso, e così all’infinito… come Don Chisciotte contro i mulini a vento.

Poi mi dispero perché lui non lo fa: l’egoista non diventa generoso perché “io” ho bisogno del suo aiuto. Questo è l’inganno.
L’inganno è ben radicato nella mente, che non vuole smettere di crederci.
Il modo efficace per rivelarlo è attraverso una domanda.
La domanda non impone, chiede e lascia alla mente la libertà di rispondersi ciò che vuole.
Se vuole continuare a ingannarsi, continuerà a farlo.
Se vuole lasciare l’inganno, risponderà in modo diverso.

La domanda è: lui è davvero un egoista? Oppure gli è stata assegnata l’etichetta e lui gioca questo ruolo, ma non lo è davvero?
Domanda di riserva: se anche fosse davvero un egoista, è vero che ho bisogno di lui? Solo lui può aiutarmi? Oppure mi sto concentrando nella direzione sbagliata mentre posso trovare aiuto altrove?

Ora proviamo con un esempio concreto.
La pretesa dice “vorrei amici che sappiano ascoltarmi”.
Domanda: non ho davvero amici che sappiano ascoltarmi?

Pausa per ascoltare la risposta interiore con la massima onestà.

Seconda domanda: anche se fosse vero, ho davvero bisogno di loro? Solo loro possono aiutarmi? O posso voltare lo sguardo altrove?

Il mio bisogno profondo è di essere ascoltato.
Visto che gli altri sono mie proiezioni, parto da me stesso: io mi sto ascoltando?
Forse no, se sento il bisogno di essere ascoltato.
Il disagio mi dice che ci sono cose che chiedono ascolto.
Posso mettermi subito in condizione di ascolto, del mio corpo, delle mie emozioni? Sì.
Posso scrivere ciò che sento, disegnarlo. Posso registrarlo.
Posso immaginare di dichiararmi di fronte a un pubblico come un attore in teatro.
Oppure più semplicemente metto una musica in sottofondo e inizio a respirare, lasciando che l’immaginazione faccia luce in questo disagio che chiede voce.

Ecco che l’ascolto rivela messaggi inaspettati. Mi svela qualcosa di nuovo su di me che mi lascia a bocca aperta.
Quanta ricchezza ho dentro! Sono spettacolo e spettatore. Mi sento un ottimo ascoltatore di me stesso, il migliore che conosca!
E ora con questa ricchezza, pieno di tanti nuovi messaggi, che ne è delle persone che volevo ad ascoltarmi? A cui volevo confidare i miei segreti?
Forse quel bisogno è un po’ meno forte ora.
Forse ho scoperto di saper fare qualcosa che non immaginavo.
Forse sono più in gamba di ciò che pensavo.

E se continuo a farlo diventando sempre più bravo chissà che un giorno lo insegnerò a qualcuno!
Che ridere! Chiedevo amici che mi ascoltassero, e ora mi trovo nella gratitudine per essermi saputo ascoltare così bene, che potrei io essere di esempio agli altri.
Troppo forte! 😂
Quanto basta poco per capovolgere un giudizio nel suo opposto.
Gli altri sono io.

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